La democrazia partecipata è un modello di procedura politica che punta all’inclusione, alla collaborazione e a un rapporto trasparente fra istituzioni e società civile. L’idea è quella di attribuire alla cittadinanza una diretta responsabilità nell’esercizio (anche parziale) del potere pubblico nelle sue varie forme: assumere decisioni, fare proposte, gestire un bene pubblico, organizzare un servizio o monitorare e valutare l’attuazione di politiche pubbliche. Il tentativo è quello di andare oltre la delega totale del potere ai rappresentanti politici eletti, ma per contro ciò non significa un esercizio esclusivo da parte dei cittadini. La democrazia partecipata si basa piuttosto sul principio di una relazione interattiva, collaborativa o anche costruttivamente conflittuale, fra soggetti pubblici e società civile finalizzata a migliorare il perseguimento dell’interesse generale.
La democrazia partecipata in Sicilia e la legge regionale 5/2014
La democrazia partecipata è un diritto di siciliane e siciliani che, secondo una legge regionale, ogni anno devono poter scegliere in prima persona come spendere una piccola quota del bilancio della propria città.
La legge regionale in questione è la 5/2014, art. 6 comma 1. Questa legge obbliga tutti i Comuni siciliani a spendere almeno il 2% dei fondi che ricevono ogni anno dalla Regione con forme di democrazia partecipata, quindi chiedendo a persone e associazioni di proporre progetti e poi scegliere quali finanziare. Se i Comuni non lo fanno, devono restituire i fondi che hanno a disposizione.
Per avviare i processi di democrazia partecipata ogni Comune deve dotarsi di un Regolamento sulla partecipazione e pubblicare un Avviso in cui invita la cittadinanza a presentare progetti e indica i fondi a disposizione. Le città che hanno a disposizione più di 10.000 euro devono avviare il processo entro il 30 giugno, le altre entro il 31 dicembre. Dopo la fase di valutazione tecnica delle proposte ricevute, i cittadini devono essere convocati per scegliere quali realizzare, tramite assemblee pubbliche o votazioni, online o in presenza.
Ogni anno le città siciliane hanno a disposizione in totale circa 4,5 milioni di euro. Sono centinaia i progetti realizzati ma ancora troppi i Comuni inadempienti, un centinaio ogni anno.
E nel tuo Comune? Scoprilo sulla mappa di “Spendiamoli Insieme”.
La democrazia partecipata in Italia
A partire dagli anni ‘90 in Italia, si è cominciato a parlare di democrazia partecipata soprattutto in relazione al metodo dei bilanci partecipativi e con riferimento al modello elaborato nella municipalità brasiliana di Porto Alegre, poi sperimentato nel corso degli anni, in forme e modi diversi, anche in molte città italiane. A partire dai bilanci partecipativi, le pratiche di partecipazione si sono poi diffuse anche in molti altri settori della governance municipale: dalle forme strutturate di coinvolgimento civico nella definizione della spesa pubblica, a forme più fluide di procedure consultive, come quelle per la redazione dei piani regolatori o di altri strumenti di pianificazione urbanistica. Si considerano parte della governance partecipativa i percorsi di progettazione e gestione integrata di spazi pubblici o forme di governo del territorio di natura pattizia come i Contratti di Fiume; fanno parte di questo campo, infine, anche le attività di monitoraggio e valutazione della spesa pubblica e tutte quelle attività di accountability e trasparenza che prevedono il coinvolgimento civico. Alcuni esempi in Italia sono Milano, Bologna, Napoli, Padova, le regioni Emilia Romagna, Puglia e Toscana.