Piccola storia triste di democrazia partecipata. È quella di Agrigento, “capitale” del Libero Consorzio omonimo, popolazione di 57592 abitanti. Nel 2016, la democrazia partecipata di Agrigento si concluse con 39.700,04 € appostati per “sostegno alla povertà”. Quell’anno le risorse disponibili erano di 55.943,88 € e la città dovette restituire alla Regione 16.243,84 €. L’anno successivo, il 2017, i conti furono pressocché esatti: 18.251,20 € per arredo urbano e una restituzione del tutto irrilevante (12,43 €). Poi il primo degli anni “orribili”, il 2018, quando i fondi che a quel punto, per vari motivi tecnici, erano ridottissimi e pari 10.932,68 €, andarono persi. Un verbale di deliberazione di Giunta datato 14 dicembre 2018 dava il via al processo, ma il collegato avviso non recava la scadenza e una ricerca sul sito istituzionale del Comune non ha fatto affiorare ulteriori informazioni. Sulla stampa, invece, il 28 dicembre di quell’anno si davano già per perse le risorse, come poi confermato dai documenti ufficiali della Regione. Nel 2019 e nel 2020, il processo non è stato fatto e i fondi – sempre ridotti, da 5 mila euro e rotti a poco più di 8 mila euro – sono stati ogni volta restituiti. Anche per l’anno scorso e per quest’anno nulla di fatto, ma si devono aspettare le informazioni ufficiali della Regione – che arrivano due anni dopo – per avere il quadro definitivo.
Nel frattempo però qualcosa è accaduto. Il regolamento di democrazia partecipata di Agrigento tutt’ora in vigore e adottato nel 2017 ha un passaggio che, anche alla luce delle modifiche e integrazioni della legge, risulta controverso. La selezione dei progetti presentati dai cittadini, infatti, ad Agrigento non passa dalla cittadinanza. Si prevede che le proposte ammesse (e cioè quelle che hanno superato positivamente la valutazione a cura di «tavoli tecnici di approfondimento composti dalle commissioni consiliari coinvolti nell’area delle proposte, dal Sindaco, dagli Assessori») siano ordinate e rappresentate in un “Documento sulla partecipazione” che viene approvato dalla Giunta Comunale e va a costituire parte del progetto del bilancio di previsione da sottoporre all’approvazione del Consiglio Comunale. Solo in casi specifici si prevede la votazione della cittadinanza (nel caso in cui il budget non basti e sia necessaria «un’ulteriore scrematura per procedere all’impegno delle somme disponibili»).
Da oltre un anno una consigliera, Roberta Zicari – che già nel 2018 aveva lanciato l’allarme via stampa prevedendo il rischio di perdere i fondi – ha proposto delle modifiche sostanziali al regolamento. Oltre a stabilire un cronoprogramma coerente con gli obblighi di legge, la consigliera propone che la valutazione sui progetti dei cittadini sia fatta da una Commissione Consiliare Speciale (composta da un componente per ogni partito o movimento rappresentato in Consiglio Comunale indicato dai rispettivi capigruppo) con parere tecnico degli uffici, che le proposte dei cittadini che hanno valutazione favorevole diventino oggetto di una discussione generale in una seduta del Consiglio Comunale aperto alla cittadinanza e, soprattutto, vengano poi sottoposte alla votazione della cittadinanza. Dopo di che la Giunta delibererà un “documento sulla partecipazione” costituito dalle proposte elencate in ordine di preferenze ricevute dai cittadini che verranno poi inserite entro i limiti delle risorse disponibili in apposito allegato allo schema di bilancio di previsione da sottoporre all’approvazione del Consiglio Comunale. Alla fine di tutto, le idee progettuali con maggior numero di voti dovrebbero essere quelle finanziate.
La proposta di modifica è stata esitata dalla commissione consiliare competente attorno a maggio ed è stata posta in discussione in Consiglio Comunale a metà ottobre. E qui ha incontrato ostacoli e obiezioni, che dovrebbero essere formalizzati in emendamenti per poter fare andare avanti l’atto. Il risultato è – come riportato dalla stampa – che la consigliera Zicari ha ritirato la propria proposta di modifica «nell’attesa che qualche collega “ritardatario” possa proporre i suoi emendamenti» e con l’auspicio che gli altri consiglieri «vogliano emendarla, dare il loro contributo e ripresentarla in Consiglio». Anzi, dichiara la consigliera, «condivido la mia proposta a beneficio di qualche altro Comune che ancora non si è dotato di questo importante regolamento, se volesse copiarlo sarebbe un onore per me».
Al netto di tutto questo – dibattito, emendamenti, modifiche, ritardi, ragioni degli uni, ragioni degli altri, obblighi di legge eccetera eccetera – resta il fatto che Agrigento perde i propri fondi dal 2018. Si dirà che i fondi non sono poi granché, ed è vero. L’esiguità delle risorse sembra essere causata da un fatto tecnico. I fondi di democrazia partecipata si calcolano (come ricordato da circolare della Regione) al netto delle cosiddette “quote di contenimento” o “quote complementari” che servono alla stabilizzazione dei lavoratori precari. Agrigento ne ha stabilizzati tanti e pertanto le “quote” sono alte. E però per pochi che siano, quei circa 8000 euro di democrazia partecipata sono pur sempre fondi con cui gli agrigentini dovrebbero vedere realizzate le proprie proposte. Il valore della partecipazione insomma non è messo in discussione dal “quantum”. Detto questo, Agrigento sul “quantum” ha un problema più ampio, visto che il bilancio comunale è formalmente congelato. Ed è questa condizione che viene chiamata in causa per giustificare la mancata attivazione dei processi di democrazia partecipata (in effetti sembra che la normativa esoneri dall’obbligo di spesa dei fondi di democrazia partecipata «i comuni in stato di dissesto»).
Specificità a parte, però, il “caso Agrigento” diventa emblematico se si pensa ad altre “storie tristi” più o meno simili. Come quella di Palermo, giusto per fare l’esempio più eclatante, che anzi è messa peggio. A Palermo infatti un regolamento della democrazia partecipata non è mai stato adottato e i processi non sono stati mai avviati. Con il risultato che ogni anno si perdono circa 300 mila euro che dovrebbero essere spesi per idee e progetti dei palermitani.
I.C.
Agrigento, foto di Martin van Baal, via Wikimedia Commons