Dieci giorni fa la Regione Siciliana ha sanzionato 183 Comuni per mancata o parziale attivazione dei processi di democrazia partecipata nel 2021.
La legge regionale siciliana sulla democrazia partecipata impone a tutti i Comuni di spendere almeno il 2% dei fondi che ricevono ogni anno dalla Regione chiedendo a persone e associazioni di proporre progetti e poi scegliere quali finanziare. Se non lo fanno, si applica una sanzione: sono obbligati a restituire le somme, successivamente ripartite sotto forma di bonus tra i Comuni “virtuosi”, quelli cioè che nello stesso periodo di tempo hanno speso in toto i fondi della democrazia partecipata.
Le sanzioni si basano sui dati inviati dai Comuni alla Regione compilando una scheda di rilevazione molto snella, sottoscritta dal sindaco e dal responsabile del sevizio finanziario del Comune, composta essenzialmente da quattro campi:
- Regolamento sulla partecipazione (estremi della delibera di approvazione del documento)
- Forma di democrazia partecipata adottata (una X da apporre su consultazione cittadinanza, consultazione associazioni, adozione bilancio partecipativo o altro da specificare)
- Progetti destinatari dei fondi
- Spesa effettuata (indicando gli estremi dei provvedimenti di impegno e/o dei mandati con i quali i pagamenti sono stati effettuati e i relativi importi).
Quindi per non essere sanzionati i Comuni dovevano certamente aver completato il processo di democrazia partecipata 2021 e, come minimo, aver pubblicato un avviso pubblico, successivamente aver scelto insieme a cittadini e associazioni gli interventi da finanziare, infine aver impegnato o speso la somma a disposizione. Quest’ultimo aspetto è essenziale, soprattutto per le città che non hanno completato o nemmeno avviato i progetti di democrazia partecipata individuati, al punto che la circolare regionale specifica: «nell’ipotesi in cui (…) non siano stati emessi i relativi titoli di pagamento, al fine di non incorrere nell’obbligo di restituzione delle somme vincolate alla finalità in argomento, dovranno essere forniti almeno gli estremi dei relativi provvedimenti di impegno. Se non sarà fornito almeno il dato riferito agli impegni, si procederà ad operare le relative trattenute in sede di erogazione della quarta trimestralità dei trasferimenti per l’anno 2023».
Con la scheda di rilevazione dati di fatto la Regione chiede agli enti locali di autocertificare di aver svolto i processi di democrazia partecipata. Da questi dati poco o nulla si desume sull’effettiva qualità del processo di partecipazione attivato: se il Comune ha fatto la giusta comunicazione, se sono stati concessi tempi congrui, se le modalità individuate per partecipare sono state corrette. E ancora quanti cittadini sono stati coinvolti? Quante proposte civiche sono state inviate? Nulla di tutto ciò viene rilevato, figurarsi analizzato.
Infine, considerando che la scheda di rilevazione sui processi di democrazia partecipata 2021 è stata inviata alle amministrazioni locali soltanto il 6 ottobre 2023 con la circolare n°11, concedendo fino al 31 gennaio 2024 per compilarla e rimandarla agli uffici regionali, tre anni non sono veramente troppi per ricostruire quanto accaduto, per di più in forma così semplificata?
«Nel 2021 la maggior parte dei processi di democrazia partecipata ha presentato difetti ad una lettura rigorosa della legge – sottolinea l’associazione Parliament Watch Italia che dal 2021 promuove, grazie al sostegno di Fondazione con il SUD, la buona applicazione della legge regionale sulla democrazia partecipata in Sicilia con il progetto “Spendiamoli Insieme – ma a tre anni di distanza né i cittadini né gli enti locali hanno i margini per intervenire e cambiare le cose. Questo sistema di calcolo delle sanzioni, oneroso in termini di carico di lavoro per gli uffici regionali, farraginoso e poco attendibile, va totalmente modificato razionalizzando la procedura. Noi abbiamo una proposta per la Regione Siciliana, che tra l’altro permetterebbe di avere i risultati dei processi in tempo reale e non con oltre due anni di ritardo come accade adesso, ma purtroppo non riusciamo ad avere un dialogo sul tema. Questa proposta è inserita in un quadro più ampio: come ribadiamo da mesi con la raccolta firme “Scriviamola insieme”, sostenuta da più di 3000 cittadini, occorre una revisione complessiva della legge siciliana sulla democrazia partecipata che consenta ai Comuni di spendere bene e in maniera davvero partecipata i fondi a disposizione».
Alessia Cotroneo